Lo abbiamo già proposto nel precedente pezzo, quello riguardante la disputa tra i tassisti ed Uber, lo riproponiamo ora non per ripeterci, ma perché è estremamente pertinente anche con l’argomento trattato in questo pezzo: nel filmato la flotta di taxi driverless (senza guidatore) lanciata da Uber a Pittsburgh, USA, ed operativa sul territorio.
Nel filmato successivo, invece, quello che vedete all’opera non è l’auto di Batman, ma un trattore driverless. Una flotta di trattori driverless, controllata da una centralina elettronica, è in grado di prendersi cura di un numero indeterminato di ettari senza sosta, in modo completamente autonomo. Nel caso vi fossero venute in mente espressioni del tipo ‘allora noi umani torneremo a lavorare la terra’.
Ecco a voi un robot da cucina perfettamente in grado di cucinare qualunque cibo gli chiediate, ed in grado di pulire e risistemare tutto.
La stessa metro C della città di Roma è driverless, senza guidatore.
Abbiamo passato in rassegna una serie di esempi, potremmo continuare all’infinito, ma lo scopo era capire di cosa stiamo parlando: al massimo fra 50 anni, e ci stiamo tenendo larghi, non ci sarà più una sola mansione che le macchine non saranno in grado di compiere.
Una società mentalmente arretrata e non evoluta vede tutto questo come una minaccia, una società avanzata ed evoluta vede la stessa cosa come una opportunità.
Diventa a questo punto necessario affrontare alcuni degli interrogativi più diffusi fra la gente comune, circa gli argomenti che stiamo affrontando in questo pezzo:
- Ma tanto troveremo sempre e comunque qualcosa da fare
No. Non ci sarà niente da fare poiché le macchine saranno in grado di fare qualunque cosa. Se vi sforzate di pensare a qualcosa che non saranno in grado di fare, state sprecando le vostre energie. Le reti neurali fra non molto tempo saranno in grado anche di capirci meglio di come noi capiamo noi stessi. - Ma io non mi fido, preferisco l’essere umano.
Sarebbe interessante porre questa domanda ai parenti delle vittime del disastro German Wings, in occasione del quale un essere umano depresso decide di togliersi la vita, e si arroga il diritto di trascinare con se altre 130 persone. La stessa domanda si potrebbe porre anche ai passeggeri sopravvissuti al disastro della Costa Concordia, quando sono stati disattivati il pilota automatico ed il sonar.
Il rischio di incidenti, anche in mancanza di clamorose negligenze come quelle descritte sopra, ma in presenza anche solo di errori umani compiuti da onesti lavoratori, è sempre drammaticamente più alto in presenza di controllo umano. - Ma se non c’è più lavoro noi cosa faremo?
Premesso che per la parte riguardante il sostentamento è presente una ampia descrizione nella parte successiva di questo pezzo, come recita il titolo, ci soffermiamo ora sulla parte etica di questa domanda. Cioè su tutto quel numero di individui che, in mancanza di una occupazione, vedrebbero venire a mancare le loro ragioni di vita.
Cosa faremo? In questa domanda è espresso tutto il senso di quanto la società basata sul lavoro sia arrivata al capolinea. Cioè le persone, al di fuori di uno schema prefissato, di ritmi vitali scanditi da un lavoro con orari prefissati, ferie prefissate etc., non sono più in grado di dare un senso alla propria esistenza. Cioè ad una esistenza nell’ambito della quale il problema del sostentamento sia stato risolto, come vedremo più avanti, ne preferiscono una in cui, per avere di che vivere, è necessario alzarsi e compiere tutta una serie di altre azioni assolutamente controvoglia. Preferiscono che sia qualcun altro a dire loro ciò che devono fare, invece di porsi davanti alla vita per capire cosa abbia più senso per loro, nel momento in cui vengono liberati dalla schiavitù della necessità di lavorare. Il lavoro nobilita l’uomo? No. Il lavoro schiavizza l’uomo. L’onestà nobilita l’uomo. Il messaggio che ci è stato trasmesso dai nostri nonni, che bisogna alzarsi al mattino per andarsi a guadagnare da vivere onestamente, non viene tradito dall’istituzione del reddito universale, poiché essi non potevano fare diversamente nel loro contesto, noi invece possiamo strutturare la nostra società in un modo estremamente più evoluto, mantenendo l’essenza del loro messaggio: non il lavoro ma la virtù e l’onestà. In questo passaggio il capitano Picard illustra come la vera sfida dell’essere umano non sia il lavoro, ma il continuo miglioramento di se stessi:
- Ma il reddito universale chi lo paga?
Provate a calcolare quanto le aziende dell’intero pianeta risparmiano, nel momento in cui non devono più pagare stipendi, contributi, ferie, etc. Provate ad immaginare quanto si impenna la loro produttività, nel momento in cui può essere h24 7 giorni su 7. Una parte del denaro accantonato, tassato in una equa misura, è sufficiente a generare la somma necessaria a coprire il fabbisogno di reddito universale dell’intera popolazione, così le aziende ‘investono’ sul cittadino non più come asset produttivo, ma come consumatore che tiene vivo il loro business. Se non volete credere a me, potete credere ad Elon Musk, a Bill Gates, ad altri brillanti imprenditori a livello mondiale, ed ai premi nobel per l’economia che, nei loro congressi, non fanno altro che ribadire questo concetto: il reddito universale è l’unica misura in grado di garantire equilibrio e rispetto per la dignità del cittadino nell’era della robotica.
Si prospetta dunque una società in cui gli esseri umani siano riusciti definitivamente a liberarsi dall’obbligo di svolgere tutta una serie di mansioni controvoglia, siano riusciti a delegarle completamente alle macchine, e si siano completamente riappropriati del loro tempo, per poterlo impiegare integralmente lavorando su se stessi e sulle discipline a loro più gradite al fine di essere ogni giorno persone migliori. Se qualcuno è spaventato all’idea di non avere i propri ritmi vitali scanditi da qualcuno o qualcos’altro, se non sa cosa fare nel momento in cui deve decidere in autonomia, deve fare terapia per recuperare il valore della propria esistenza.

Se qualche politico, appartenente ad una classe ormai fortunatamente in via di estinzione, va in giro utilizzando, nel 2020, espressioni da brivido come ‘lavoro di cittadinanza’, è soltanto perché l’unica paura umanamente comprensibile rispetto a tutto ciò che abbiamo descritto finora, è proprio quella della classe politica tradizionale. Immaginate una società all’interno della quale non sia necessario avere un impiego per avere di che vivere, a meno che non si trovi un impiego che regala autentica soddisfazione, dal punto di vista remunerativo e della realizzazione personale. Fino ad oggi, il mercato del lavoro vi è sembrato meritocratico, in grado di riconoscere e premiare le virtù di un individuo? Oppure è sempre stato completamente in mano ai potenti di turno, che hanno fatto e disfatto a piacimento, avvilendo le persone virtuose? Immaginate una società in cui non sia più possibile per i politici estorcere voti alle persone prendendole per il collo, sfruttando la necessità di avere un impiego per avere il sostentamento per se e famiglia. Da qui la necessità per loro, disperata, di descrivere una misura come il reddito universale ‘assistenzialismo’ e di proporre squinternate alternative atteggiandosi a quelli che hanno la reale visione del problema. Lo abbiamo visto nell’ultimo trentennio dove ci ha portato la loro più ampia visione del problema.
Mentre tutto un gruppo di persone promuove l’evoluzione della società, loro tentano di inchiodarla ad una dimensione arcaica per una questione di tornaconto esclusivamente personale. E’ davvero una fortuna che si stiano estinguendo.
il reddito universale, inoltre, fissa i parametri minimi delle esigenze necessarie a salvaguardare la dignità del cittadino, questo significa che, qualora qualcuno voglia ‘investire’, ‘fare impresa’, e cercare collaboratori umani, fin tanto che servano, debba trattarli in modo adeguato, altrimenti il cittadino ha la facoltà di rifiutare, non più come in passato quando era costretto, strozzato dal ricatto salariale, ad accettare a qualunque condizione ritenendo questo atteggiamento addirittura virtuoso.
Il progresso tecnologico è un processo inarrestabile, inesorabile, inevitabile. Opporsi ad esso, oltre che completamente inutile, è anche un’azione che denota limiti ed arretratezza mentale. E’ tempo di superare la società di concetto lavorista, non perché fosse sbagliata, ma perché prima non si poteva fare diversamente, ora si.
A presto.
