Mi faccio rispettare

Mi faccio rispettare, Deve aver pensato Shinji Mikami, game designer fra i più celebri del nostro periodo.

Shinji Mikami accanto al logo della sua nuova creazione

Nell’ormai lontano 1996, poco tempo dopo il lancio della prima Playstation, una macchina destinata a cambiare radicalmente il mondo del divertimento videoludico domestico, la Capcom, casa produttrice di videogiochi giapponese, che a quel tempo dominava le sale con le varie versioni di Street Fighter, decide di cimentarsi, in modo coraggioso e pionieristico, nella produzione di un gioco che sancirà la nascita di un genere: il survival horror. Il gioco si chiamerà, per i mercati europei, Resident Evil mentre sul mercato nipponico prenderà la denominazione di Biohazard. Quel gioco oltre a sancire come detto sopra la nascita di un nuovo genere, segnerà un’epoca e sarà destinato, parafrasando il celebre slogan della settimana enigmistica, ad innumerevoli tentativi di imitazione.

Chris Redfield, protagonista della saga Resident Evil, impegnato nel capitolo 1

Mentre uno di questi tentativi di imitazione, il brand di Silent Hill, riuscirà addirittura a superare il capostipite, soprattutto sotto il punto di vista dell’introspezione psicologica e della caratterizzazione dei personaggi, Resident Evil continuerà nel corso degli anni a sfornare capitoli degni del predecessore, arrivando alla propria massima espressione nel capitolo Code veronica X ed effettuando poi una decisa sterzata verso una modalità di gioco che privilegia l’azione ai misteri ed alle atmosfere terrificanti. Una sterzata destinata a dividere i fan, tra quelli che la apprezzano e quelli che accusano la saga di aver perso la propria natura horror.

Silent Hill raggiunge e supera Resident Evil

Forse proprio a seguito di questa spaccatura, Shinji Mikami, che pure continua in prima persona a prendersi cura della saga di Resident Evil, tanto da aver annunciato già il capitolo 8, ha sentito il bisogno di creare parallelamente un nuovo brand, denominato The Evil Within, che attingendo a piene mani a capolavori quali lo stesso Resident Evil, Silent Hill e Outlast, propone un’avventura che trascina il giocatore al limite del terrore e della introspezione psicologica.
Già dalla caratterizzazione del personaggio principale, si può capire quale è il tono della narrazione. Il detective Sebastian Castellanos, ottimo elemento della polizia, è in realtà un uomo distrutto, tormentato e devastato dai fantasmi dei drammi familiari del suo passato e proprio questa sua condizione farà di lui il soggetto ideale per vivere in prima persona le inverosimili vicende che il giocatore si troverà ad affrontare.

Sebastian Castellanos

Se il primo capitolo aveva sorpreso tutti in positivo, per la profondità narrativa ed il perfetto mix tra azione, atmosfere horror e caratterizzazione dei personaggi, il secondo capitolo oltre a riprendere tutti i pregi del primo, aggiunge una enormemente più ampia libertà di movimento ed azione fra quello che è il filone narrativo principale e quelli che possono essere obiettivi secondari ufficialmente facoltativi ma che spesso sono necessari al conseguimento di oggetti che facilitano non poco il completamento della missione.
Senza voler attuare alcun tipo di spoiling, possiamo dire che torna la possibilità di attingere gel dai mostri eliminati e di utilizzarlo, con la collaborazione della sempre presente infermiera Tatiana, per potenziare il nostro personaggio, così come è sempre possibile raccogliere vari tipi di oggetti da utilizzare per potenziare le proprie armi.
Abbracciando la ormai regnante filosofia della modalità ‘Open World’, il secondo capitolo della saga The Evil Within consente al giocatore ampia libertà di movimento all’interno dell’ambiente e di scelta sulla priorità da assegnare ai vari task da risolvere, realizzando un’integrazione perfetta con la nuova filosofia e senza che questa intacchi minimamente la qualità degli elementi peculiari della saga, cioè le atmosfere terrificanti e le profonde introspezioni. Ogni oggetto, sia esso interagibile o soltanto decorativo, nasconde una metafora, un messaggio che sta al giocatore cogliere per ricomporre il complicatissimo puzzle che porta Sebastian alla ricerca di sua figlia ed abbiamo detto anche troppo.

L’aiuto fornito dalla infermiera Tatiana è sempre prezioso

Nel suo percorso obbligato Sebastian sarà costretto ad affrontare tutti gli aspetti più reconditi della propria psiche trascinando con se il giocatore in un vortice senza ritorno, facendogli vivere in prima persona tutti i tormenti del personaggio.
Se Resident Evil è il capolavoro storico ed il brand principale curato da Mikami, è doveroso dire che The Evil Within si è conquistato di diritto un posto tra i capolavori horror del nostro tempo, grazie al perfetto mix di elementi tratti dai migliori prodotti in circolazione ed alla grande personalità espressa dalla narrazione e soprattutto dal personaggio principale.
A presto.

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